Fratture Vertebrali Post Traumatiche, Patologiche, Osteoporotiche

Fratture Vertebrali Post Traumatiche, Patologiche, Osteoporotiche

Le fratture vertebrali vengono raggruppate sostanzialmente in tre categorie.

  • Tra le più comuni si segnalano le fratture post-traumatiche che si verificano in seguito a traumi più o meno intensi ad impatto sulla colonna.
  • Esistono poi le fratture di natura patologica che si manifestano quando il tessuto osseo viene sostituito da cellule malate, come nel caso dei tumori spinali primitivi o delle metastasi ossee.
  • Si citano anche le fratture osteoporotiche, molto frequenti nella popolazione anziana, specie nel sesso femminile in età post-menopausale. Esse possono verificarsi anche in assenza di traumi significativi, spesso a causa di un’evidente fragilità ossea come nell’osteoporosi.

Frattura dislocativa tipo C secondo AOSpine: a sinistra sequenza sagittale TC rachide con sconfinamento endocanalare del muro posteriore. Al centro sequenza sagittale RMN T2 con evidenza di frattura discale D12-L1, rottura del legamento anteriore e posteriore longitudinale e compressione del cono midollare. A destra sequenza sagittale TC postoperatoria con artrodesi, decompressione e riallineamento dei metameri vertebrali ottenendo completa riduzione della frattura (surgery by Kalfas – Padovan)

L’importanza della diagnosi

In presenza di una frattura vertebrale, sia essa localizzata in sede cervicale, toracica, lombare o sacrale, è fondamentale procedere ad una valutazione neurochirurgica tempestiva. La colonna vertebrale non è soltanto un’impalcatura ossea che assolve ad una funzione meccanica permettendo il carico e la stazione eretta, ma è anche un’architettura studiata a protezione del midollo spinale contenuto nel sacco durale. Pertanto, un corretto inquadramento diagnostico dal principio deve contemplare in maniera prioritaria la salvaguardia dell’integrità neurologica.

Uno dei criteri classificativi riguarda proprio l’aspetto funzionale neurologico. Le fratture vengono dette amieliche se la funzione neurologica è preservata mentre si definiscono mieliche le fratture con compromissione neurologica.

Un’altra distinzione importante riguarda la stabilità del segmento vertebrale interessato: si parla di fratture stabili quando la colonna mantiene la sua funzione di sostegno, mentre si definiscono instabili quelle fratture in cui l’alterazione dell’architettura vertebrale è tale da non garantire più la protezione delle strutture nervose a rischio, pertanto, di danno mielico.

Un inquadramento iniziale e preliminare può comprendere radiografie standard e TC (tomografia computerizzata). Lo specialista neurochirurgo valuterà l’indicazione più o meno urgente (urgenza non differibile nel caso di fratture mieliche) all’approfondimento diagnostico con risonanza magnetica (RMN). Quest’ultima infatti oltre a fornire il dettaglio anatomico circa il coinvolgimento discale o legamentoso e la presenza di un segnale di sofferenza midollare, grazie a sequenze specifiche, consente di valutare anche l’edema osseo (iperintesità STIR) conseguenza della frattura.

Trattamento

Stante la clinica e gli accertamenti diagnostici eseguiti, il Neurochirurgo valuterà le opzioni di trattamento conservativo con ortesi (collare cervicale, busto) oppure spiegherà al paziente il razionale di un intervento chirurgico atto a stabilizzare il segmento vertebrale interessato.
Nella pianificazione chirurgica si possono contemplare vie di accesso anteriore, posteriore o approcci circonferenziali a 360°.

Anche i materiali impiegati in sala operatoria sono determinanti: si può ricorrere a sistemi di stabilizzazione in titanio, protesi espandibili, cementi ossei, sostituti biologici e in situazioni particolari, impianti in fibra di carbonio che garantiscono un’ottimale ossificazione e assenza di artefatti metallici – indispensabile nel caso di fratture patologiche -.

Un adeguato colloquio con il paziente e i familiari è fondamentale per stabilire un’alleanza terapeutica predittiva del risultato: la collaborazione del paziente è essenziale sia nel caso di trattamento conservativo che intervento chirurgico.
È importante rispettare le indicazioni mediche, osservare un adeguato periodo di riposo, evitare il sollevamento di carichi e utilizzare in modo corretto i tutori prescritti.
Queste semplici ma fondamentali attenzioni rappresentano la base per una guarigione efficace e duratura.

Frattura di L1 tipo A3 secondo AOSpine: a sinistra sequenza sagittale TC, a destra sequenza sagittale RMN T2

PATOLOGIE TRATTATE

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